Il Tar del Piemonte ha parzialmente accolto il ricorso presentato da tre Associazioni ambientaliste e animaliste (Oipa, LeAl e Federazione Nazionale Pro Natura) e ha decretato la chiusura della caccia a pernice bianca, fagiano di monte, coturnice e moretta. Il ricorso si basa sul fatto che in Piemonte non esiste un Piano Faunistico Venatorio Regionale, che la legge nazionale sulla caccia considera obbligatorio e indispensabile per poter procedere con l’attività venatoria.
Inoltre, le quattro specie citate sono riconosciute come a rischio di estinzione, tant’è che l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, organo del Ministero per l’Ambiente e massima autorità scientifica pubblica in tema di fauna selvatica) aveva suggerito di escluderle da quelle cacciabili o adottare precauzioni molto stringenti. “La Regione Piemonte invece non ha voluto tenere conto delle indicazioni che provengono dal mondo scientifico – affermano gli ambientalisti – adducendo giustificazioni superficiali e basate su dati vecchi e ampiamente superati”. Ricordiamo che i cambiamenti climatici hanno causato profonde modificazioni nell’ambiente alpino, dove vive la maggior parte delle specie sottratte all’esercizio venatorio, e il loro effetto è risultato particolarmente drammatico proprio in questi ultimi anni.
Il TAR entrerà nel merito del contenzioso il prossimo 6 novembre. Fino ad allora, almeno, gli animali sono in salvo. “Ci pare comunque veramente incredibile – concludono gli ambientalisti – che il mondo venatorio si sia scagliato con forza e violenza contro una decisione che è del tutto logica. Non stiamo parlando di cinghiali oi di fagiani, ma di specie diventate rarissime e il cui numero in Regione oscilla, nei casi più favorevoli, intorno ad alcune centinaia”.