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Sanità | 26 dicembre 2024, 12:00

La fuga dei giovani medici dal Vco

La testimonianza di un neolaureato ossolano

La fuga dei giovani medici dal Vco

Che la sanità pubblica, nel Verbano Cusio Ossola, stia attraversando un momento di profonda crisi è ormai noto a tutti. Tra la cronica carenza di personale negli ospedali, le Case della Salute che stentano a decollare, migliaia di pazienti rimasti senza medici di base, liste d’attesa infinite e promesse (che saranno mantenute?) da parte della regione, la situazione è decisamente critica. E lo sanno bene anche i giovani medici del territorio che, una volta usciti dall’università, tendono ad abbandonare la provincia per cercare lavoro altrove.

“Ad oggi, le prospettive di lavoro negli ospedali di Domodossola e Verbania non sono delle più rosee – ammette un giovane medico ossolano, da poco laureato e alle prese con le prime esperienze lavorative -. Non mi stupisce che, come me, molti miei coetanei nati e cresciuti in provincia, dopo aver terminato gli studi in altri ospedali non abbiano intenzione di tornare nel Vco”.

Non è una novità per nessuno, infatti, che la maggior parte dei neolaureati – che siano medici, infermieri o altri professionisti sanitari – preferiscano cercare lavoro fuori provincia: nella vicina Svizzera, attirati per lo più da stipendi più alti, o in strutture sanitarie come quelle di Novara, Milano, Torino o altre grandi città; oppure, se restano sul territorio, migrano nel settore privato. E le motivazioni sono numerose: “I medici strutturati negli ospedali del Vco sono ormai pochissimi – sottolinea il giovane medico ossolano – e non sembra che l’Asl abbia intenzione di assumerne di nuovi. E, se lo fa, gli stipendi e le condizioni di lavoro non sono adeguati”.

In mancanza di assunzioni, i reparti sono quasi del tutto in mano ai soli gettonisti: “Non condivido questa soluzione – prosegue il medico -, perché credo che un servizio sanitario pubblico debba poter contare su medici strutturati che siano sempre presenti sul territorio. Dall’altro lato, però, non posso biasimare chi offre le proprie prestazioni a gettone: se non vengono proposte altre soluzioni, con contratti e stipendi accettabili, è comprensibile che un professionista si lasci attrarre da un guadagno più “facile” e da un’occupazione tutto sommato stabile”.

Una soluzione però, cha sia l’ospedale unico, la tanto discussa riqualificazione dei due ospedali o qualunque altra, va trovata in fretta: solo così si potrà sperare di riportare sul territorio una nuova generazione di professionisti ed evitare che si disperdano altrove.

Letizia Bonardi

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