L'assemblea pubblica internazionale dei frontalieri italiani in Svizzera, tenutasi il 15 febbraio presso il Cinema Teatro Nuovo di Varese, ha visto una forte partecipazione e un acceso dibattito sulla nuova tassa sulla salute e sull'applicazione della legge 83/23.
L'incontro, organizzato dalle principali sigle sindacali italiane e svizzere, ha messo in evidenza le criticità della normativa e ha rilanciato la mobilitazione dei lavoratori frontalieri.
Un attacco ai lavoratori di confine
Nel corso dell'assemblea, è emerso il malcontento per la tassa sulla salute, introdotta nella finanziaria 2024 e aggravata dalla finanziaria 2025. Secondo i sindacati, questa misura colpisce i cosiddetti "vecchi" frontalieri imponibili solo in Svizzera, violando il principio di non doppia imposizione sancito dalla normativa OCSE e dal trattato internazionale tra Italia e Svizzera. Inoltre, la norma è in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione italiana, che garantisce l’universalità delle cure sanitarie.
Gli interventi dei rappresentanti istituzionali
Durante l'incontro, il sindaco di Varese, Davide Galimberti, ha dichiarato: «Ho la sensazione che qualcuno pensi che i territori di frontiera siano dei privilegiati… non è assolutamente così». L’appello è rivolto al Governo e a Regione «Fermatevi prima di introdurre una deroga rispetto agli accordi sottoscritti che farebbe male ai lavoratori e ai territori. Si ritorni pienamente a quello che si era convenuto negli accordi fiscali.»
Il senatore varesino del Partito Democratico Alessandro Alfieri ha sottolineato la necessità di tutelare i frontalieri: «La disparità qui è ancora più evidente, dobbiamo lavorare per alzare gli stipendi degli italiani e, dall’altra parte, salvaguardare chi ha fatto scelte di vita come andare a lavorare in Svizzera e quindi non può essere tassato in maniera diversa.»
Il consigliere regionale democratico Samuele Astuti ha evidenziato le criticità dell'attuale situazione: «La tassa sulla salute ha attirato un vero e proprio far west perché non ci sono regole chiare e i lavoratori e le lavoratrici non sanno come muoversi. Chiediamo chiarezza e che ci sia un confronto vero con il territorio. Non può decidere il governo o la Regione senza confrontarsi con i sindacati.»
All’assemblea erano presenti anche Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell'Acif, l'associazione dei Comuni di frontiera e Alessandro Lana, Presidente della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola.
Una tassa inutile per fermare la fuga verso la Svizzera
La tassa sulla salute è stata concepita per contrastare l’emigrazione dei lavoratori sanitari italiani verso la Svizzera. Tuttavia, i sindacati hanno ribadito che il differenziale retributivo tra Italia e Svizzera è troppo elevato per essere colmato da questa misura. Si stima che un infermiere in Italia guadagni circa 3000 franchi in meno all’anno rispetto a un collega in Svizzera. In altri settori, la tassa potrebbe far saltare la tredicesima.
Il problema del dumping salariale
Uno dei problemi principali che riguardano il lavoro frontaliero è il dumping salariale, ovvero la tendenza delle aziende svizzere ad assumere lavoratori italiani a salari inferiori rispetto a quelli dei residenti in Svizzera. Ad affrontarlo ai microfoni Giangiorgio Gargantini segretario generale UNIA «La frontiera unisce o divide quando noi lo vogliamo». Questo fenomeno, se da un lato offre opportunità di impiego ai lavoratori italiani, dall’altro porta a una compressione salariale che penalizza sia i frontalieri che i lavoratori locali.
Il rischio è quello di una progressiva svalutazione delle retribuzioni, con un impatto negativo sulle condizioni di lavoro e sulla competitività delle imprese italiane nelle zone di confine. La mancanza di un coordinamento efficace tra Italia e Svizzera in materia di salari e tutele contribuisce ad alimentare questa disparità, rendendo ancora più urgente un intervento normativo che garantisca equità di trattamento.
Una legge anticostituzionale
Secondo i lavoratori e le organizzazioni sindacali, la tassa è anticostituzionale e in contrasto con il principio della parità di trattamento. La mobilitazione punta ora a portare la questione davanti alla Corte Costituzionale e a ottenere un confronto istituzionale concreto.
I prossimi passi della mobilitazione
Un primo risultato della protesta è stato ottenuto con la convocazione di un tavolo interministeriale tra Ministero del Lavoro (MILAV), Ministero degli Esteri (MAECI) e Ministero dell’Economia (MEF) per il prossimo 24 febbraio. Tra i temi in discussione vi sarà la definizione di uno statuto del lavoro frontaliero.
Resta aperta la questione dell’assegno unico universale (AUUF), ancora in una fase di stallo. I sindacati chiedono che venga risolta l’impasse tra INPS e le casse previdenziali estere, così da garantire equità di trattamento per i frontalieri in entrata e in uscita dall’Italia. Il mancato adeguamento a questo principio ha già portato l’Italia a una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea.
L’assemblea di Varese ha rappresentato un momento cruciale per rafforzare la lotta dei lavoratori frontalieri, che ora chiedono risposte concrete e tempestive da parte del governo.