Il Verbano Cusio Ossola è una provincia che si sta spopolando e invecchiando. È il quadro che emerge dal bilancio sociale della sede Inps di Gravellona Toce presentato questa mattina alla Casa della Resistenza. L’anno scorso i residenti erano 154mila, l’età media è di 49 anni, gli over 65 sono il 38 per cento della popolazione, i nuovi nati sono 5 ogni mille abitanti, nel 2012 erano 7,3. Si è ridotto da meno nove a meno uno il saldo negativo tra emigrati e immigrati. Il saldo netto tra entrate ed uscita del lavoro è in attivo di 582 unità, in aumento sul 2022, quand’era di 363. Il tasso d’occupazione è del 67,5%, quello di disoccupazione del 5%, gli inattivi (chi aveva perso il lavoro nelle 4 settimane precedenti) il 28,6 per cento, I net, acronimo indicante chi non cerca attivamente lavoro e ha abbandonato gli studi, tra i 15 e i 29 anni sono l’11%.
Il turismo, col 22%, è il settore con maggiore ricaduta occupazionale, ma sconta la stagionalità. Seguono commercio, industria, edilizia, terziario, professioni. Il commercio dà segni di vitalità. In aumento i servizi alla persona ma più concentrati sulla cura ad anziani e persone fragili che sul benessere, ad esempio le palestre.
Le pensioni erogate sono 42.000: il 53% nel settore privato, il 26% sono ex dipendenti pubblici, il 15% autonomi e parasubordinati. Il 43% delle donne percepisce solo la reversibilità, un dato condizionato dall’appartenenza generazionale di coloro che non hanno versato contributi sufficienti perché si sono dedicate, dopo il matrimonio, alla cura della figlia. Le pensioni di anzianità, o anticipate, sono il 65%. L’effetto quota 100 s’è esaurito. L’importo delle pensioni sta scendendo da 1335 a 1229 per il contrappasso generazionale tra chi è andato in pensione, in tutto o in parte, con sistema retributivo e i nuovi pensionati che hanno fruito solo del sistema contributivo. L’importo medio delle pensioni erogate dell’Inps Vco è ancora più basso: 885 euro.
Un quadro che preoccupa datoti di lavoro e sindacati. Per Mauro Piras, vicepresidente Unione industriale, “il progressivo aumento di anziani, da 135 a 260 ogni 100 giovani, deve indurci a riflettere e a trovare delle soluzioni. L’età media attuale di 49 anni, secondo le proiezioni, nel 2043 salirà a 52. Questo pone dei problemi, perché più l’età s’innalza meno i lavoratori saranno disponibili a corsi di formazione sulla sicurezza. È un problema che già affrontiamo con i 60enni che riusciamo ad assumere. I giovani che formiamo, nella sanità ma anche in altri settori, e che accogliamo in azienda non riusciamo a trattenerli perché preferiscono la Svizzera dove gli stipendi sono più alti. La vicinanza del confine, l’essere chiusi del lago e difficilmente raggiungibili ci penalizza come territorio. Il ricorso forzato a mano d’opera anziana ci priva delle eccellenze che preferiscono migrare oltreconfine o emigrare ancora più lontano”.
Un concetto sul quale ha insistito anche Gigi Bacchetta della Cgil: “Dovremmo trovare un’intesa col Canton Ticino, gli 80mila frontalieri, su 200mila occupati, sono un problema su entrambi i lati del confine”. Sulla contribuzione, ha sottolineato Bacchetta, “paghiamo la riduzione degli ispettori del lavoro”.
Il ricorso all’indennità di disoccupazione, condizionata dalla stagionalità nel truismo, e agli ammortizzatori sociali che stanno scendendo dopo il Covid, sta per essere rimesso in discussione dalla vicenda Barry Calebaut cui ha accennato nel suo intervento di saluto l’assessore alle attività produttive di Verbania, Mattia Tacchini.