C'era anche un verbanese tra i 159 soccorritori che si sono alternati per portare in salvo la speleologa Ottavia Piano.
È Michele Barontini, 28 anni residente a Suna, che in quella grotta ha operato da lunedì sera alle 20.00 sino alle 14.00 di martedì occupandosi delle operazioni tecniche e dunque del trasporto della barella su cui era stata assicurata Ottavia.
Michele fa parte del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico italiano ed è un soccorritore volontario della delegazione del Piemonte. Assieme a dodici colleghi di tutta la regione è stato attivato nella giornata di sabato e da Suna si è recato sul luogo dove, rapportandosi con chi si occupava di coordinare le operazioni di soccorso, ha organizzato le sue attrezzature ed ha atteso il momento di calarsi in grotta.
"Le squadre entravano a rotazione, e il mio turno è giunto lunedì sera intorno alle 20.00 - racconta Michele Barontini - mi sono calato e una volta raggiunta l'infortunata ho dato il cambio al collega che stava operando e ho iniziato a portare la barella attraverso la grotta, mettendo in atto le manovre per le quali siamo addestrati, con molta meticolosità per evitare scossoni che avrebbero potuto arrecare danni a Ottavia. Ho lavorato sino al giorno dopo, e sono riemerso in superficie intorno alle 14.00 di martedì, ricevendo il cambio da un altro soccorritore".
Michele durante tutte le operazioni ha potuto contare proprio sulla collaborazione di Ottavia: "Lei conosce molto bene quella grotta - racconta - ed era proprio lei a guidarmi, a dirmi in quale punto ci trovavamo e a descrivermi l'ambiente. Sono rimasto affascinato dall'Abisso Bueno Fonteno, è una cavità meravigliosa, un ambiente davvero unico".
Michele Barontini, toscano d'origine e verbanese d'adozione, è nel Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico italiano da circa cinque anni. Da soli pochi mesi è aggregato alla delegazione del Piemonte. La passione per la speleologia però è arrivata molto prima: "Sono sempre stato affascinato dalle montagne, che frequento assiduamente, ma anche del sottosuolo. Tutto è nato per la curiosità di sapere come fosse una montagna all'interno, e ancor più volevo scoprire dove andasse l'acqua che si trova nel sottosuolo. Così mi sono avvicinato alla speleologia, ho seguito i corsi, mi sono specializzato e ho iniziato ad esplorare il sottosuolo e le cavità naturali che fungono anche da serbatoio per l'acqua. Ho sempre frequentato le Alpi Apuane, dove le cave d'estrazione del marmo modificano costantemente le montagne, e l'attività di ricerca che svolgono gli speleologi è fondamentale anche per preservare le risorse idriche".
Dopo qualche anno di attività nel sottosuolo, a Michele scatta una molla: "Mi sono sempre chiesto come avrei potuto aiutare un compagno infortunato o in difficoltà, o come muovermi in caso di incidente - racconta - così ho deciso di diventare un soccorritore". In questi cinque anni si è occupato di numerose operazioni di soccorso, tra cui quella in Turchia a 1.000 metri di profondità per portare in salvo uno speleologo americano e che ha coinvolto soccorritori di diverse nazioni che hanno impiegato due settimane per salvare l'infortunato.
Michele, che di mestiere si occupa di soccorso industriale, il tempo libero lo passa tutto ad esplorare le montagne: "Un paio di volte al mese ci esercitiamo con il Soccorso Alpino, ma ogni volta che ho la possibilità mi calo perché è importante l'allenamento, e perché la sete di curiosità non si esaurisce mai. In questi giorni a causa dell'incidente di Ottavia si sta parlando molto di speleologia, a volte anche in maniera negativa. Conoscere il sottosuolo è fondamentale non solo per una sete di conoscenza fine a se stessa, ma anche e soprattutto per preservare il nostro ambiente naturale".