Attualità - 04 febbraio 2025, 17:50

Borghi: "Il Vco non è un paese per giovani"

Il senatore ossolano analizza, con non poca preoccupazione, i dati raccolti grazie a un'indagine della Comunità Educante

Borghi: "Il Vco non è un paese per giovani"

Un terzo elemento di criticità del territorio emerge dopo la riflessione che il senatore ossolano Enrico Borghi, presidente del gruppo parlamentare di Italia Viva-Il centro al Senato, ha affidato alla sua consueta rubrica che tiene sulle pagine della Stampa Diocesana Novarese.

Dopo il fenomeno dell'invecchiamento della popolazione e il basso livello dei salari analizzati nelle precedenti puntate ("Scenari certamente non idilliaci - ha osservato il parlamentare - e che richiederebbero un soprassalto da parte delle forze istituzionali, politiche e sindacali che sembrano al contrario o anestetizzate o vittime di dibattiti infiniti e sterili - a proposito, come avevamo immaginato e previsto è ripresa la stucchevole disputa della sanità, ma su questo "wait and see"), il senatore vogognese si è soffermato questa settimana sulla situazione che emerge tra i giovani del Vco a seguito di uno studio realizzato dalla "Comunità Educante del Vco", la rete pubblico-privata formata dai Ciss del territorio e da una serie di associazioni e realtà del terzo settore per contrastare la povertà educativa e potenziare il protagonismo giovanile.

Grazie al sostegno di fondi statali e della Fondazione Comunitaria del Vco, infatti, la rete ha compiuto un sondaggio su 1.866 adolescenti del nostro territorio di età compresa tra gli 11 e i 19 anni, da cui emerge uno spaccato che, osserva Borghi “richiederebbe attenzione, priorità di investimenti e capacità di ascolto”. Uno spaccato che ci dice come il Vco non è un paese per giovani.

“I nostri giovani - scrive il parlamentare - ci dicono che fanno i conti con solitudine ed isolamento (non solo fisico, perché uno dei temi sollevati è la carenza di mezzi di trasporto che porta una ragazza su tre e un ragazzo su quattro a rinunciare a attività extrascolastiche per impossibilità di raggiungerle), che si combattono sia con le relazioni interpersonali e sociali sia con il ricorso a specialisti (ben il 62% avverte disagio e malessere che richiede una maggiore offerta di luoghi di divertimento e aggregazione, servizi di supporto psicologico, percorsi di educazione all'affettività e di contrasto alla violenza di genere).

E anche se la metà di dichiara soddisfatto per avere tutto l'essenziale, quando arrivano ad immaginare il futuro le nostre ragazze e i nostri ragazzi emettono una sentenza senza possibilità di repliche: il 36% dichiara che una volta terminati gli studi se ne andrà all'estero, ritenendo l'Italia un paese non in grado di corrispondere alle aspettative giovanili, e calando i ancora di più solo il 24% afferma di essere propenso a rimanere nel Verbano Cusio Ossola”.

Le conclusioni sono chiare, e dovrebbero far riflettere: “Ricapitolando: invecchiamo, abbiamo salari bassi e il 75% dei nostri giovani vuole emigrare. Ce n'è a sufficienza, dunque, per richiedere una vera e propria terapia d'urto per costruire risposte, alternative e proposte in grado di invertire una tendenza che, diversamente, rischia di mostrare il conto nel giro di pochi anni con conseguenze pesanti sul nostro stile di vita, sulla nostra capacità di erogazione di servizi e di welfare, sulle nostre prospettive come comunità e come territorio. Partendo da qui, proveremo a fare qualche proposta nel prosieguo delle nostre riflessioni”.

Redazione

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